Quando un’attività commerciale supera il secolo di vita, si può affermare che è un pezzo di storia. E’ questo il caso di uno dei panifici più noti di Caltagirone, quello di ‘Donna Bina’. Oltre cento anni di attività attestano il successo di un’idea nata per caso, per necessità, per la lungimiranza di capire che poteva creare qualcosa di duraturo per sé, per la sua famiglia, per le generazioni avvenire.
Rosa Brigida Lodato, è nata nel 1884 ed è vissuta 85 anni fino al 1969 è questo il vero nome della famosa “Donna Bina”.
Instancabile lavoratrice e grande donna si distinse per le sue qualità umane, lavorative e imprenditoriali. Era il 1920 e da poco era finita la prima guerra mondiale.
Il Paese, devastato dalla guerra doveva affrontare la ricostruzione. La povertà era molto diffusa e la maggior parte della popolazione pativa la fame e la sete. Anche i generi di prima necessità scarseggiavano. La famiglia di ‘Donna Bina’ era – come spesso accadeva in quell’epoca – numerosa, con cinque i figli da sfamare.
Un giorno, le venne in mente di fare il pane, non solo per la sua famiglia, ma anche per gli altri. Iniziò così, a fare la panettiera; senza nemmeno rendersene conto diede inizio ad una tradizione che sarebbe durata nel tempo. Oggi, infatti, dopo oltre un secolo è portata avanti con tanto amore e tanto orgoglio dalle generazioni che si sono succedute .
Sin da subito Donna Bina dimostrò la sua bravura e la capacità nel fare un prodotto di altissima qualità, insegnando agli eredi l’arte della panificazione.
Una volta ottenuta la licenza, in pochi giorni fece costruire un forno in un locale dove ancor risiede la sede storica del panificio, a Caltagirone, in via Grazia.
Nel corso di tutti questi anni, le persone hanno sempre apprezzato questo prodotto, e correva la voce che in quella strada si produceva un pane eccellente, si sparse nel giro di pochissimi giorni – grazie a quello che oggi viene definito il passaparola – dando adito a una propaganda sulla qualità del pane. Giorno dopo giorno si incrementava la produzione, ormai nella città tutti sapevano del nuovo panificio e tutti volevano assaggiare quel pane così buono. Donna Bina divenne sempre più famosa e la folla aumentava sempre più fino al tal punto che spesso l’infornata di pane non bastava a soddisfare tutta la clientela.
Per circa un ventennio fu un continuo crescendo fino alla seconda guerra mondiale. Quello fu un periodo particolarmente difficile, con l’avvento della Guerra, iniziò una lunga fase di carestia. Lo Stato italiano aveva requisito tutti i generi alimentari di prima necessità per far fronte alle esigenze delle forze armate; cominciò il periodo del razionamento. (consegna delle tessere per assegnazione del pane). Il pane fu razionato, vennero assegnati soltanto 150 grammi di pane per ogni famiglia.
Le persone erano in difficoltà, e non riuscivano a soddisfare l’esigenza quotidiana di generi alimentari.
In questo periodo particolarmente difficile Donna Bina si assunse il rischio di qualche infrazione, producendo più pane di quanto le era stato concesso. Dava al popolo più pane di quello che doveva. La gente le era riconoscente , perché non avrebbe patito la fame.
Intorno agli anni 50, dopo la fine della guerra iniziava un periodo di ripresa. Tutto sembrava pieno di speranza. Dopo quasi 30 anni di lavoro continuo sia Donna Bina che suo marito iniziavano a sentire il peso della stanchezza. Il marito a sua insaputa entrò in una cooperativa che si costituì all’epoca con l’obbiettivo di concentrare la panificazione di Caltagirone. Tutti i panifici di Caltagirone non dovevano più produrre pane ma soltanto alcuni per poi distribuirlo ad altri, tutte le mattine veniva assegnata una certa quantità di pane da vendere ad ogni panificio.
Questa cosa a Donna Bina non piacque, quel sistema la limitava. Ella si ribellò sciogliendo quel patto che il marito aveva fatto a sua insaputa e ricominciò a produrre per conto suo. La gente ne fu contenta; ma, ovviamente, quelli della cooperativa no, perché limitando la produzione potevano gestire il prezzo e vedevano nel panificio di Donna Bina, concorrente che rischiava di dimezzare i loro guadagni e le loro vendite. Il capo della cooperativa accusò Donna Bina di aver rotto un patto , ma questo era stato stipulato a sua insaputa, quindi essendo lei la proprietaria e titolare della licenza non sentiva nessun obbligo nei confronti di quel patto.
Passarono gli anni e Donna Bina ormai anziana decise di passare la gestione a sua figlia Concettina. Dopo due anni ella si sposò e lasciò la città. Così il panificio passò alla sorella, esattamente nel 1958 presero la gestione: la figlia Rosina Arcerito ed il marito Francesco Rizzo, lavorando ininterrottamente fino al 1975. Dal 75 –87 Il panificio fu gestito dai figli: Vincenzo e Luigi Rizzo. Dopo 12 anni nel 1987 Luigi si trasferì in un paese poco vicino, lasciando la gestione soltanto a Vincenzo. L’attività è portata avanti tutt’ora dai figli, Francesco e Mario Rizzo. Aprendo una seconda sede, in via Mario Milazzo e approdando nel mondo On-Line.
Il segreto, tramandato da generazioni è nella scelta dei prodotti, l’utilizzo di lieviti, la panificazione e la cottura. La cura amorevole dei prodotti e la passione sono elementi essenziali per il successo di questo storico pastificio. Tanti i prodotti che si possono gustare all’interno, ma tra tutti, primeggia il pane firmato “DB”, unico nel suo genere.
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