L’astrattu, Un’arte antica’arte del fare il concentrato di pomodoro in Sicilia
Il concentrato di pomodoro detto estratto o “strattu” è un prodotto principalmente della tradizione estiva gastronomica siciliana. L’astrattu ha origini antichissime. Rappresenta uno dei modi con cui anticamente si conservava il pomodoro per gli usi invernali, dato che si disponeva ovviamente di questo frutto della natura solo in estate. È la conserva siciliana per eccellenza, fatta ancora con l’antica lavorazione. Una tradizione piena di amore e di passione che si tramanda oralmente di famiglia in famiglia. Ogni famiglia ha la sua ricetta: si può fare con i pomodori a crudo, ma l’astrattu si può ottenere anche dalla salsa. Servono pomodori, sole e sale e tanta pazienza. Ogni estate, fare l’Astrattu , era un rito che coinvolgeva l’intera a famiglia dai più grandi ai più piccoli, ognuno con il proprio compito. Una volta si usava prepararlo in casa, nelle campagne, ma anche in città: bastava un terrazzino o anche solo un balcone, su cui esporre le tavole di legno su cui era sistemata la polpa di pomodoro e il sole faceva il resto.
Le famiglie, generalmente, si riunivano per fare le salsa di pomodoro da imbottigliare di cui una parte era destinata alla preparazione dell’astratto, veniva poi utilizzato nell’inverno successivo nella preparazione di piatti dal gusto unico e inimitabile come a pasta “co’ sugu fintu” il classico sugo di carne o nel ragù, Anticamente, specialmente nei piccoli centri abitati non era raro vedere degli ampi contenitori rettangolari in legno con sponde piuttosto basse (maiddi = madie), piene di pomodoro messo ad asciugare per la strada.
I pomodori raccolti al mattino venivano ben lavati e controllati uno per uno, poi spaccati in due o in quattro e messi a cuocere sopra la fornacella. Dopo aver bollito i pomodori nel grande pentolone di rame o di alluminio, si faceva la passata, coinvolgendo tutta la famiglia. Il pomodoro, dopo la cottura, veniva passato al setaccio. A volte si chiedeva l’aiuto anche dei vicini di casa, poiché si usava il setaccio a mano e a volte per questa operazione si impiegava tutto il giorno. La salsa ottenuta veniva distribuita su grandi piatti di terracotta, “fangotti” e si metteva ad asciugare al sole avendo l’accortezza di coprirla con un tulle per evitare che gli insetti si posassero sopra. La salsa bisognava poi girarla più volte al giorno, utilizzando un cucchiaio di legno avendo l’accortezza di rientrarla la sera per evitare che l’umidità della notte la facesse inacidire. Questa operazione durava per diversi giorni finché la salsa non si asciugava e da passata di pomodoro diventava concentrato di pomodoro, bello cremoso e saporito. Ci volevano dai tre giorni fino ad una settimana per avere uno strattu ben asciutto. A questo punto si conservava in vasi di coccio, coperto dal buon olio extravergine e delle foglie di alloro.
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