Ogni ingrediente ha la sua storia. Ha il suo gusto peculiare. Ha le sue sfumature di gusto secondarie. Ha la sua struttura che dobbiamo rispettare e valorizzare. Deve avere i giusti “compagni di viaggio “nel piatto. Ci riferiamo al percorso della corretta manipolazione.
Quando ad esempio parliamo della nostra amata cucina siciliana, l’unica regione al mondo che permette di creare una cucina a 360 gradi (abbiamo in fondo tutto da est a ovest, le carni fresche, l’orto, i frutteti, il mare, i prodotti caseari, i salumi), utilizzando solo straordinari prodotti locali, e nello specifico parliamo ad esempio di crudi di mare, di “freddi”, per molti si tratta di piatti banali perché non cucinati, ma non è affatto così.
Non possiamo ignorare il fatto che un tonno rosso trapanese non è uno spada del mare di Messina, non è un gambero rosso di Mazara, non è una ricciola pescata a largo di Lampedusa e non è nemmeno un’alice della zona di mare di Sciacca. Ognuno ha le sue “esigenze” di preparazioni, di conservazione, di trattamento.
Per esaltare ognuno di essi e renderli protagonisti del nostro piatto occorrono conoscenza, studio, ragionamento. Il piatto che verrà fuori dalla nostra ricerca è in un certo senso solo nostro. Di nessun altro. Nel senso che è frutto della nostra progettualità e della nostra manualità.
Ovviamente la corretta manipolazione della materia prima, che deve essere sempre non invasiva (ad esempio un pesce va cotto pochissimo e va marinato nel modo giusto, non certo per ore e ore), va anche imparata sul campo, ce la insegnano i maestri di cucina, ma ci aiutano a capirla meglio i libri e l’esperienza che acquisiamo. E deve essere un principio, un caposaldo della nostra cucina.
Provare e riprovare, unire pratica e studio, azione e ragionamento. Rispettare il prodotto conoscendolo in fondo è alla base per creare emozione in cucina.
Alfredo Iannaccone, il Cuoco Zen
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