Il suo nome in versione “british”, ovvero Dolphin Fish, con un velo di romanticismo, la dice lunga sulle sue caratteristiche di nuotatore instancabile, ma non descrive fino in fondo né la sua fisicità, né il suo sapore davvero pregiato.

Nel mare magnum dei pesci decisamente dimenticati, anzi sarebbe meglio dire fin troppo poco conosciuti e fin troppo poco apprezzati, ma soprattutto dal costo davvero basso, e quindi da valorizzare nella cucina di casa come nella ristorazione di casa nostra, in un proficuo rapporto qualità-prezzo, c’è lei, la Corifena Cavallina.

Fa scena la sua testa enorme che nel gergo popolare dei nostri pescatori le conferisce il nomignolo di “pesce Capone”: ecco a voi la Lampuga, pesce azzurro dalla suggestiva livrea azzurra, con sfumature di blu e verde.

Nei nostri mari gli esemplari possono arrivare fino a 4-5 kg, nell’oceano Pacifico e in quello Indiano possono arrivare fino a 20.

Mai come in questo momento storico, dove gli chef più arguti cercano la delicata coniugazione tra cosiddetto prodotto povero e potenzialità straordinarie da tradurre in ricette dall’elevata emozionalità, per raccontare i doni del nostro mare in percorsi sempre più lontani da un fine dining sfrenato e senza senso, la Lampuga diventa anche simbolo lampante di una cucina italiana sostenibile, da trasmettere alle famiglie.

Non è mai troppo tardi, allora, per intraprendere un viaggio di educazione alla salute e al sapore, all’insegna della riscoperta delle potenzialità nascoste del nostro mare, costruendo una cucina fatta di risparmio e preparazioni intelligenti con pochi semplici accorgimenti, dove vale il detto antico delle nostre nonne: se un pesce è così buono bastano davvero solo olio e limone per valorizzarlo.

Pochi prodotti ittici al pari della Lampuga offrono, infatti, la possibilità di essere trasformati al meglio in percorsi suggestivi che vanno dall’antipasto al secondo e dove, con passaggi veloci ma decisamente rispettosi della materia, le ricette finali possono diventare indimenticabili. 

Eccoci allora andare alla riscoperta della Lampuga, un pesce reperibile a buon mercato in Puglia, in Sicilia, in Campania, in Liguria, anche nell’Adriatico, che può costare addirittura meno di 10 euro al chilo, ma soprattutto che può offrire straordinaria versatilità nel cucinarlo, forte anche di proprietà nutrizionali di non poco conto.

Si lascia decisamente desiderare, la Lampuga, almeno nelle nostre coste: chi segue l’andamento del mercato ittico saprà, infatti, che non è praticamente mai reperibile, se non nei mesi di settembre e ottobre e nei primissimi giorni di novembre, quando si lascia catturare nel momento in cui depone le uova. 

Ed è per questo che, nel seguire un doveroso criterio di stagionalità, averla freschissima vuol dire solo poterla inserire nel proprio menu autunnale, se parliamo naturalmente di ristorazione. 

Nella cucina di casa, invece, nel richiederla al pescivendolo di fiducia o nel vederla fare bella mostra sui banchi del mercato ittico locale da metà settembre in poi, se non l’avete mai assaggiata rimarrete felicemente sorpresi delle sue carni sode, dal colore molto simile a quello della ricciola, compatte, ma soprattutto poco cariche di sangue e quindi decisamente delicate, a differenza di altri pesci azzurri come il Tonnetto-Biso o l’Alalunga o il pesce Bandiera, dalle elevate note ferrose e dall’accentuato humus di mare.

Non c’è paragone, il sapore è decisamente più emozionale rispetto ad altri pesci azzurri, e nell’assaggiarla vi renderete conto che, seppur priva di elevate quantità di grassi, la Lampuga, carica di sapidità naturale, risulta al palato un vero e proprio “falso magro”.

Non particolarmente complicata da sfilettare, la Lampuga potrebbe sorprendervi in versione sashimi o tartare. Qui bastano pochi accorgimenti, e il consiglio potrebbe essere quello di esaltarla rimanendo nel tema del pesce azzurro e nel binomio mare più mare, con un semplice battuto di olio, limone prezzemolo e acciughe e con una terra di mollica di pane tostato con aglio, olio e peperoncino.

Nel farla diventare un primo piatto semplice ma decisamente d’autore, eccola in versione vaso-cottura con olio evo delicato, capperi, pomodorini, cipollotto fresco, aglio, ciuffi di prezzemolo. 

Immergetela nel grasso buono del nostro olio migliore, chiudete il barattolo e riponetela in forno a 80 gradi, nel vetro, per 45 minuti. Raggiungendo i 65 al cuore, sarà perfetta da ripassare in padella pochi istanti con gocce del suo olio di cottura, con i compagni di viaggio con cui è stata cucinata, aggiungendo solo un pochino di pomodoro in più, per abbracciare un pacchero o una linguina dei migliori pastifici di casa nostra.

Come secondo piatto, il consiglio è di lasciar perdere le cotture invasive ad elevate temperature. Meglio prepararla in una sorta di guazzetto, con aglio, olio, acqua di pomodoro, gambi di prezzemolo e nettare di vongole pescate, come i nostri lupini, per rimanere nel tema del prodotto buon mercato, e aperti in purezza.

Eccola allora la ricetta semplicissima della lampuga all’acqua pazza di lupini, da gustare con un buona fetta di pane abbrustolito, in una sorta di piatto unico che conquisterà il palato di familiari e amici.

Ingredienti 

 

-4 filetti di lampuga 

-2 pomodori cuore di bue

-2 spicchi di aglio

-Acqua gassata

-Acqua naturale

-300 gr. di vongole lupino

-3 cucchiai di olio evo

-Pepe nero 

-Prezzemolo fresco

 

Preparazione

 Far dorare l’aglio in poco olio evo con il gambo di prezzemolo. Eliminare l’aglio.

 Riporre la lampuga in padella e farla rosolare solo dal lato della pelle. Alzarla e tenerla da parte.

 Nel frattempo avremo frullato i due pomodori con pari peso di acqua gasata e li avremo passato al setaccio per ottenere un nettare trasparente di pomodoro.

Apriamo al naturale i lupini precedentemente spurgati e otteniamo così il succo in purezza della vongola pescata. Filtriamolo.

 Unite l’acqua di vongole al fondo di olio, con i residui di grasso della lampuga. Aggiungete l’acqua di pomodoro e far ridurre della metà.

Ponete ora di nuovo in padella la lampuga messa da parte e portatela a cottura nel guazzetto di acqua di vongole e acqua di pomodoro, aggiustando con pepe macinato al momento e qualche pomodorino in precedenza ripassato in forno.

Non servirà sale, la lampuga vivrà della forza del sentore dello scoglio con la sapidità naturale del nettare dei lupini e con le note piacevolmente acidule dell’acqua di pomodoro. Accompagnatela con una bella fetta di pane abbrustolito.