La piadina romagnola rappresenta la semplicità in assoluto, un composto povero fatto di acqua, sale, farina, olio e lievito.
Le origini della piadina, chiamata anche Piè, sono antichissime. Già ai tempi degli Etruschi, nell’attuale Romagna sono state rinvenute tracce di un sostituto del pane fatto di farina e cereali con una forma circolare.
Uno dei più importanti personaggi storici e letterari, il sommo Giovanni Pascoli, scrisse che la piadina era il pane di Enea nell’Eneide di Virgilio. I romagnoli, per evitare di pagare l’eccessivo costo del pane, decisero di prepararla con cereali poveri. Tradizionalmente la piadina veniva cotta su un disco di terracotta, con il passare del tempo la terracotta lasciò spazio al metallo.
Il suo successo e il suo sviluppo si vedrà nel secondo dopoguerra, conquistò campagne e città, finalmente non era più considerata un surrogato del pane ma un’alternativa semplice e gustosa. Mutarono anche le dimensioni, se inizialmente il diametro raggiungeva i 40 cm, più avanti misurarono solo 25 cm.
Negli anni ’70 nacquero le prime produzioni artigianali di piadine, veri e propri laboratori di un prodotto che da quel momento in avanti divenne simbolo indiscusso dell’Emilia Romagna.
Nacquero i primi chioschi sul lungomare, le piadine venivano cucinate davanti ai tanti turisti curiosi di assaggiare quel tripudio di semplicità e bontà.
Da quel momento in avanti, la piadina vide il suo successo aumentare, ad ottobre 2014, è stata riconosciuta prodotto geograficamente protetto dall’Unione Europea.